Testimonianze

Tratto da: I DIARI DI MICHELLE ROKKE
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"Ho sentito Kevin imprecare e quando è uscito dalla stanza mi ha chiesto se potevo aiutarli con quel maiale. Mi ha detto di mettere sul pavimento il cane che stavo tenendo e penso che abbia preso una nuova siringa. Dopo aver effettuato Il prelievo e aver rimesso in gabbia il maiale, Dilip ha notato che l'animale [il maiale] stava sanguinando dal fianco. È restato senza fiato e ha detto che era una cosa molto grave. Ha fatto pressione sul punto da cui usciva il sangue e quando Kevin è rientrato per prelevare il sangue al maiale successivo Dilip gli ha detto della ferita. Kevin è rimasto del tutto impassibile e gli ha detto che era successo pUrché il maiale mentre si dibatteva era andato a finire sull'ago.
Il cane con la zampa infortunata ha cominciato ad agitarsi e innervosirsi mentre i maiali gridavano. Ho tenuto fermi i cani dei gruppi tre e quattro dello studio 3316, stanze 454 e 456, mentre Kathy somministrava loro le dosi. Dilip ha tenuto i gruppi uno e due mentre Kevin somministrava le dosi. I cani ricevono dosaggi del materiale sperimentale "alt946", il metodo è quello dell'alimentazione forzata per via orale (una sonda viene inserita nello stomaco dell'animale attraverso la bocca e la sostanza è iniettata nella sonda con una
siringa), il committente è la AlXXX, e lo studio è segnato come "AlXXX, un mese sul cane con sonda". Kathy mi ha fatto portare i cani nel corridoio e me li ha fatti mettere su un carrello a tre ripiani. Mi ha chiesto se l'avevo già fatto prima. Ho risposto di no e mi ha fatto vedere come afferrare la gola del cane mettendo il pollice e l'indice ai lati dell'esofago. Mi ha detto che dovevo fare pressione per sentire se la sonda scendeva dalla parte giusta. Mi ha spiegato che dovevo farle sapere se riuscivo a sentire la sonda o meno. Se non riuscivo a sentirla voleva dire che stava scendendo nei polmoni e non nello stomaco.
Ha fatto scivolare giù le sonde nella gola dei cani rapidamente e ha iniettato il liquido sperimentale nelle sonde rapidamente. Una delle due femmine del gruppo tre della stanza 454 ha in gola un nodulo che sono riuscita a sentire distintamente prima che la sonda scendesse.
Quando Kathy ha introdotto la sonda io l'ho sentita scendere fino al nodulo e poi fermarsi. Lei ha continuato a spingere la sonda, mandandola a sbattere contro il nodulo nella gola del cane. Io le ho detto che lì c'era un nodulo e che la sonda non scendeva per quel motivo. Kathy ha continuato a spingere, e finalmente la sonda è andata giù. A quel punto il cane ha urlato dal dolore. Kathy ha imitato il pianto del cane e mi ha detto di prendere il cane successivo. Kathy ha fatto diverse osservazioni sulla velocità con cui Kevin somministra le dosi e ha cominciato a parlare di chi tra loro due riesce a farlo più in fretta come se fosse una cosa molto divertente".

 

Discussioni sul veganismo

vegan discussion

 

Le uova

Cosa c'è di male nelle uova di galline allevate a terra?

Per avere delle galline ovaiole sono necessarie delle uova fertili; dalla metà di queste uova nasceranno però anche pulcini maschi. Questi vengono uccisi immediatamente o allevati per ottenere galletti (generalmente in allevamenti intensivi) che saranno macellati non appena raggiungono un peso economicamente favorevole. Quindi per ogni gallina che gironzola felicemente nell'aia di qualche fattoria o nel giardino di qualche contadino pagando l'affitto con un uovo non fertile al giorno (certo, se sapesse mercanteggiare...), un galletto della stessa covata sta trascorrendo la sua straziante vita in un allevamento intensivo o è già stato ucciso oppure semplicemente gettato via, come spazzatura. Ogni anno solamente in Gran Bretagna vengono uccisi oltre trentacinque milioni di pulcini di un giorno di vita: sono usati principalmente come fertilizzante o scaricati in qualche interramento. Le stesse galline vengono uccise non appena la loro produzione decresce. Bisogna inoltre considerare il fatto che molte galline che si pensa vengano allevate a terra vivono invece in condizioni ben diverse: sono rinchiuse in enormi capannoni dove hanno effettivamente la possibilità di uscire all'aria aperta, ma in realtà, dal momento che il cibo e la luce sono all'interno, le galline non si avventurano mai fuori dal capannone.

E nelle normali uova (di batteria)?

Un destino ancora peggiore attende le galline costrette negli allevamenti in batteria, ed è da queste che si ottengono la stragrande maggioranza delle uova vendute e praticamente tutte le uova utilizzate nella preparazione di paste dolci ecc. Le galline in batteria sono degli uccelli frustrati, ansiosi e tormentati, ammassate per dieci o dodici mesi in piccole gabbie di ferro assieme anche ad altre nove galline. In capannoni bui ed oscuri si trovano numerose file di queste gabbie che contengono da 50 a 125 mila uccelli. Sono rinchiuse per tutta la loro vita, senza la possibilità di muoversi e, a causa della perdita di calcio utilizzato per formare il guscio delle uova, sviluppano una grave forma di osteoporosi dovuta all'imprigionamento conosciuta come sfinimento della gallina ovaiola. Completamente prive di calcio, milioni di galline finiscono paralizzate e muoiono di fame e sete a pochi centimetri dal cibo e dall'acqua. Alle galline in batteria viene tagliato il becco con una macchina dotata di una lama rovente una o due volte durante la loro vita; la prima volta quando hanno un giorno di vita e poi a sette settimane poiché il becco di un animale giovane può ricrescere. Il taglio del becco provoca fortissimi dolori cronici che alcuni ricercatori paragonano al dolore dell'arto fantasma o di un arto monco. Tra la parte cornea e l'osso del becco si trova uno strato spesso di tessuto estremamente sensibile. La lama rovente passa attraverso questo tessuto rendendo disabile la gallina, che non è più in grado di mangiare, bere, pulirsi il becco e lisciarsi le piume normalmente. Il taglio del becco viene effettuato per limitare gli effetti del frenetico beccarsi che a volte manifestano le galline, animali creati dalla natura per vagare liberi, graffiare e becchettare il terreno tutto il giorno, e non per essere imprigionate a vita. Gli animali privati di parte del becco non sono in grado di alimentarsi normalmente e patiscono continuamente dolori e stress, mangiano quindi meno, non sprecano il mangime, e consumano meno energia che gli uccelli integri.

Ma non è vero che mangiare uova non richiede l'uccisione di nessun animale?

Quando un vegano afferma che non mangia uova si sente spesso rispondere con battute come: "Sei antiabortista?". La realtà è così atroce che è ben comprensibile come venga rimossa rapidamente da tutti anche pochissimo tempo dopo che i giornali (o questo amabile rompiscatole) l'hanno riportata alla memoria. Pur dimenticando per un momento i trattamenti cui sono sottoposte le galline negli allevamenti intensivi, la sola risposta a questa domanda è tremenda. La razza delle galline ovaiole è selezionata per le uova, e le norme comunitarie europee stabiliscono che i pulcini maschi devono essere soppressi alla nascita - gasati oppure tritati vivi. E' una quantità così grande che rende impossibile lo smaltimento, e le farine animali prodotte vengono in parte utilizzate come cibo per altri animali.



3 novembre 2010 Corriere del Ticino

L'INTERVISTA ¦ JONATHAN BALCOMBE
Tutti i vertebrati sono senzienti, pure i pesci provano dolore


¦ Zoologo indipendente specializzato in pipistrelli, autore di saggi e conferenziere, Jonathan Balcombe collabora con associazioni animaliste e si dedica anche alla divulgazione scientifica. I suoi libri di maggior successo sono Pleasurable Kingdom e Second Nature, pubblicati entrambi da Mcmillan. Da lui ci siamo fatti raccontare il suo sguardo originale sulla sensibilità animale.
Perché dovremmo essere gentili verso gli animali, quando loro in natura sono tutt'altro che gentili con noi?
«L'idea che la Natura sia spietata è profondamente sbagliata. Le interazioni aggressive fra animali sono una piccola percentuale del totale. La maggior parte dei loro rapporti è pacifica, cooperativa e persino altruistica. Credo che l'idea della «ferocia naturale» ci serva in realtà a giustificare la nostra ferocia, espressa nell'uccisione, spesso del tutto gratuita, di miliardi di animali ogni anno».

Forse lei troverebbe più accettabile sosti tuire lo sfruttamento di animali senzienti con quello di animali non senzienti. Ma dove si situa il limite?
«Credo che tutti i vertebrati siano senzienti. Per esempio è dimostrato che i pesci sentono dolore. Ma si sa che anche alcuni invertebrati, come i polpi, hanno intelligenza e personalità. Forse usare insetti come nutrimento sarebbe più accettabile, ma il punto è che mangiare carne non è indispensabile. Io la evito da 26 anni e sto benissimo. E per chi non ne può fare proprio a meno, forse, la soluzione migliore sarà in futuro la carne ricavata da culture in vitro di cellule muscolari».
Pensa veramente che si possa fare a meno di usare animali nella ricerca scientifica?
«Ci sono modi etici di usare gli animali per fare scienza, ma fra questi non figurano esporli a sostanze dannose o vivisezionarli. Fra l'altro in questo modo si arriva anche a conclusioni sbagliate, come nel caso del Talidomide o del Vioxx. La linea che dovremmo seguire è semplice: quello che non fa remmo mai a un umano non dovremmo farlo neanche a un senziente non umano».
Molte persone ritengono che pensare al benessere animale sia un lusso, in un mondo dove tanti uomini ancora soffrono.
«È una posizione ingenua, che immagina che la gentilezza sia una merce limitata, da non sprecare per gli animali. In realtà il rispetto per gli animali aumenta anche il rispetto per gli esseri umani, così come la crudeltà verso gli animali è l'anticamera di quella verso gli umani».
Qual è la cosa più importante che una persona potrebbe fare per diminuire le sofferenze animali?
«Smettere di mangiarli! Così ogni anno risparmierebbe sofferenze e morte in media a 95 animali. E cercate anche di convincere altri a seguirvi su questa strada. Sapere che i miei libri hanno ispirato qualcuno a diventare vegetariano è una delle più grandi soddisfazioni della mia vita».

Zoologia

La vita interiore degli animali Maiali che salvano il padrone, babbuini altruisti, elefanti che piangono sui resti degli amici rinoceronti No, non sono affatto favole, ma prove documentate della intensa emotività di molte specie non umane


Quando Jo Ann Altsman cadde a terra colpita da un infarto era sola con la piccola LuLu, nella loro casa in Pennsylvania. Per sua fortuna LuLu fece la cosa giusta: corse in strada e dopo molti tentativi riuscì a fermare un'auto e in qualche modo a convincere l'autista a seguirla. Fu questi a chiamare l'ambulanza per Jo Ann, salvandole la vita. Sarebbe una storia ordinaria, se non fosse che LuLu è una maialina tenuta in casa come animale da compagnia. Di storie come queste è pieno Second Nature, un libro scritto dallo zoologo inglese Jonathan Balcombe (Mac­millan, 27 dollari) allo scopo non di farci meravigliare di fronte alle prodezze degli animali, bensì di farci riflettere e, se possibile, vergognare per il modo in cui finora li abbiamo trattati.



PAGINA DI ALESSANDRO SARAGOSA

¦ «In effetti», dice Danilo Mainardi, professore di etologia all'Università di Venezia, «la storia di LuLu ci svela come un animale che mangiamo senza rimorsi possa non solo provare sentimenti come empatia e affetto verso un essere umano, ma sia anche dotato di una mente in grado di pianificare azioni molto complesse e di comunicarci emozioni e intenzioni».
«Impotenza semantica»
Secondo Balcombe lo studio del comportamento animale ci impedirà però presto di continuare a considerarci così superiori a loro da poterli maltrattare a volontà senza rimorsi. «Nel nostro giudizio sulle capacità mentali degli animali», ammette Mainardi, «siamo stati condizionati finora da quella che si chiama 'impotenza semantica': l'impressione che le emozioni complesse, i pensieri astratti, il ragionamento si possano esprimere solo attraverso il linguaggio verbale. Per questa ragione Cartesio negava agli animali addirittura la capacità di soffrire. Ma da qualche anno, in effetti, le osservazioni in natura e nei laboratori ci stanno rivelando che il gap fra la nostra mente e la loro è molto più ridotto di quanto pensavamo».
Per esempio, che cosa c'è di più umano del senso di giustizia? Eppure esperimenti condotti sia su cani sia su babbuini hanno dimostrato che membri di entrambe le specie preferiscono rinunciare a un premio se vedono che altri animali, per lo stesso compito, ricevono sistematicamente bocconcini più prelibati dei loro. Questo «rinunciare a un vantaggio pur di punire un'ingiustizia» era un tipico paradosso dell'economia umana.
Lutto, riconoscenza e altruismo

Ma gli animali sembrano esserci prossimi anche per quanto riguarda emozioni complesse come il lutto o la riconoscenza. Il primo, ad esempio, fu mostrato nel più toccante dei modi quando tre elefanti in una riserva africana furono sorpresi letteralmente a piangere sulle fosse dove erano stati sepolti dei rinoceronti, che avevano pascolato con loro per anni ed erano stati uccisi da bracconieri. La riconoscenza è testimoniata dal primatologo olandese Frans De Waal che, avendo permesso alla scimpanzé Kuif, depressa dopo aver perso due figli, di adottare il cucciolo rifiutato da un'altra, si assicurò la gratitudine a vita dell'animale, espressa con abbracci e baci ogni volta che si incontravano. Ancora più diffuso è l'altruismo, che contrasta con l'idea di spietatezza che viene attribuita alla Natura. Una specie che lo spinge all'estremo è il pipistrello vampiro, nelle cui colonie i più fortunati aiutano quelli rimasti digiuni rigurgitando per loro parte del sangue, mentre le femmine fanno da levatrici alle compagne incinte, pulendole, massaggiandole e persino coprendole con le ali. Ma impressiona anche il caso di quel ratto da laboratorio che, accortosi che ogni volta che lui premeva una leva per nutrirsi un suo compagno riceveva una scossa elettrica, smise del tutto di mangiare.

La bontà non è solo umana?
Per Jonathan Balcombe la spiegazione di questi comportamenti è molto semplice: gli animali sociali non sono anonimi «membri di una specie», ma individui così empatici e cooperativi da provare, come noi, piacere nell'aiutarsi a vicenda, persino se questo diminuisce un po' le chance di sopravvivenza. La bontà, in altre parole, non è solo umana. «In questo, però, ci andrei più cauto», frena Mainardi. «Le menti animali, nate da un mondo sensoriale e per rispondere a esigenze ambientali che non sono le nostre, hanno seguito percorsi evolutivi diversi. Le nostre emozioni sono state forgiate dal linguaggio. Non possiamo sapere che cosa provino gli animali».
Eppure, secondo Balcombe, solo una grande sensibilità può spiegare il comportamento di un gruppo di scimmie rhesus osservato in Africa, nel quale solo alla piccola Azalea, affetta da ritardo mentale, era consentito di infrangere le rigide regole di rispetto gerarchico senza essere punita. E solo la bontà spiega come Monzu, una femmina di macaco giapponese nata senza mani e piedi, sia potuta sopravvivere per decenni nella foresta, riuscendo anche a crescere tre cuccioli grazie al continuo aiuto dei suoi compagni.

Molte volte, confrontando le emozioni umane e quelle animali, non siamo noi a uscirne meglio. Ad esempio chi è la «bestia insensibile» fra i delfini e i pescatori giapponesi, quando i secondi prendono di mira i cuccioli dei primi, sapendo che gli adulti torneranno indietro per aiutarli e diventeranno un facile bersaglio?

Stessi diritti?
Tutto ciò, per lo zoologo inglese, porta a una conclusione estrema: se gli animali sono esseri senzienti e «morali», hanno lo stesso diritto di non essere torturati e uccisi di cui godono gli esseri umani. È un punto di vista rivoluzionario, che però sta lentamente penetrando nelle coscienze individuali e nelle legislazioni di molti Paesi. E una delle migliori, secondo Balcombe, è proprio la nostra legge federale svizzera del 2008 a tutela del benessere degli animali.
Come esseri senzienti gli animali hanno il diritto di non essere torturati e uccisi.

 


NON PUOI AVERE LA BOTTE PIENA E LA MOGLIE UBRIACA

DECIDI: O L'UNA O L'ALTRA COSA

Franco Libero Manco

La mera illusione di molta gente è di poter vivere infrangendo le regole naturali ed avere ugualmente salute, benessere, felicità, giustizia sociale, pace nel mondo? Praticamente molta gente spera che l'umanità sia migliore di come si comporta la maggior parte dei suoi componenti. Ma le leggi naturali sono perentorie quanto inesorabili, non guardano in faccia nessuno; due più due fa quattro; ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria: non ci sono santi che tengano, non ci sono raccomandati, papi, imperatori: chi sgarra paga, e presto o tardi la vita ti presenta il conto da pagare, spesso con gli interessi.

Se sei ingiusto, sleale, disonesto non puoi sperare che il mondo sia fatto di gente leale, giusta e onesta, non puoi seminare ortiche e sperare di raccogliere grano. Se sei indifferente alla sofferenza degli altri non puoi sperare che gli altri siano sensibili nei confronti delle due esigenze vitali. Se vuoi trovare garbo, gentilezza e rispetto non puoi sperare che siano prima gli altri a manifestarsi tali. Se tanti sventurati nel mondo soffrono e muoiono per fame, miseria e malattia, non puoi essere la causa della fame nel mondo consumando irresponsabilmente prodotti che sono la causa della miseria umana e della distruzione dell'ambiente. Se vuoi un mondo migliore non puoi contribuire a renderlo peggiore con il tuo disinteressamento e il tuo egoismo.

Se ti alimenti in modo contrario alle leggi stabilite dalla natura per il tuo organismo di animale fruttariano, se mangi cibi inadatti, ossidanti, devitaminizzanti, demineralizzanti, dopanti, iperproteici che sottraggono energia vitale e predispongono, per legge naturale, ad ogni possibile patologia, non puoi godere di buona salute, non puoi essere in forma, non puoi avere l'uno e l'altro: devi scegliere: o la salute o i piaceri della gola. E contro la natura dell'uomo bere alcolici, consumare zuccheri industriali, fumare o drogarsi: se lo fai non puoi sperare di stare in buona salute: devi scegliere l'una o l'altra cosa.

Se l'umanità è indifferente alla sorte crudele cui condanna tante creature sensibili, intelligenti, buone ed innocenti che brutalmente sfrutta e sopprime per soddisfare i suoi detestabili appetiti gastronomici, non può pretendere un mondo di gente sensibile, giusta, altruista, generosa: deve rassegnarsi ad un'umanità cinica, egoista, insensibile, crudele: deve scegliere o l'uno o l'altro: non può avere tutte e due le cose. Se l'umanità sceglie la legge del più forte come legge da applicare sui più deboli e indifesi non può sottrarsi ad un'umanità incline alla violenza e alla guerra nè alla possibilità di essere a sua volta la vittima della stessa legge. Se l'umanità vive nel disprezzo del dolore e della vita degli animali non può pretendere che gli Angeli abbiano cura degli umani.

Se vuoi avere un pianeta libero da inquinamento atmosferico, se vuoi che il mare, la terra, i fiumi, le strade, i parchi non siano inquinati non puoi generare inquinamento con le tue scelte quotidiane. O l'uno o l'altro. Devi scegliere.

 


Le Nazioni Unite per la prima volta indicano la transizione verso una dieta priva di prodotti animali come la via da seguire per risolvere i problemi ambientali e alimentari che affliggono il pianeta.

L’inedita presa di posizione, che ricalca ciò che molte associazioni animaliste e ambientaliste dicono da tempo, quando sottolineano le buone ragoni non solo etiche, ma anche ecologiche, per passare a una dieta vegan, si leggono nell’ultimo rapporto diffuso dall’Unap, il Programma Onu per l’ambiente, pubblicato lo scorso due giugno. Nelle conclusioni dello studio dal titolo ”Assessing the environmental Impacts of Consumption and Production”, gli scienziati mettono in guardia sui rischi della prospettiva in cui all’incremento in corso della popolazione mondiale corrisponda un aumento dei consumi di carne, pesce, latte e uova, che avrebbe conseguenze ambientali devastanti prevenibili solo con un drastico cambiamento delle abitudini alimentari mondiali e la rinuncia all’utilizzo, da parte di tutti, dei prodotti animali.
Secondo le proiezioni pubblicate quest’anno dalla Fao, infatti, l’attuale modello culturale e la diffusione del consolidato stile di vita occidentale porterà la produzione di carne a più che raddoppiare entro il 2050 (arrivando dagli attuali 228 milioni di tonnellate a 463 milioni).
Senza un’inversione di tendenza, si tratterà di un vero e proprio disastro ambientale i cui effetti sono calcolabili già adesso, visto che l’insostenibilità dell’attuale modello emerge da tutti i dati messi in evidenza nei rapporti dell’ organizzazione intergovernativa, senza che però da questa consapevolezza siano scaturite mai concrete iniziative politiche.
Il rapporto Onu indica la zootecnia tra le prime voci delle priorità da affrontare nel prossimo futuro, riconoscendo l’allevamento degli animali come una delle cause primarie all’origine dell’inquinamento e del riscaldamento globale, che provoca all’ambiente più danni rispetto alla produzione di materiali per l’edilizia, come sabbia e cemento e materiali come plastica e metallo, e sottolinea che le coltivazioni per i mangimi animali sono dannose come il consumo di combustibili fossili.
Ma la zootecnia è, soprattutto, uno degli ambiti in cui è maggiore lo spreco delle risorse. In termini strettamente energetici, infatti, come spiega dettagliatamente il Neic (Nutricion ecology International Center), l’allevamento degli animali ”da reddito” è uno degli investimenti meno proficui e gli animali sono come ”fabbriche di proteine alla rovescia” poiché il funzionamento del loro metabolismo fa sì che il capitale investito nella produzione di carne sia poi restituito in modo drasticamente più basso.
Basti pensare che servono 25 kcal di cereali per ottenere un solo kcal di carne bovina, 11 volte più rispetto all’energia necessaria per la produzione di grano, che ammonta a 2,2 kcal circa. E il rapporto è di 57:1 per la carne di agnello, 40:1 per quella di manzo, 39:1 per le uova, 14:1 per il latte e la carne di maiale, 10:1 per il tacchino, 4:1 per il pollo.
E mentre il settore zootecnico consuma le calorie che potrebbero sfamare le popolazioni del sud del mondo, fa anche peggio con l’acqua che porta via, visto che, oltre all’8% di acqua potabile mondiale che serve ad abbeverare direttamente gli animali reclusi negli allevamenti, è enorme la quantità necessaria per coltivare i foraggi che li nutrono.
A conti fatti, per ottenere un chilo di manzo da allevamento intensivo si sprecano duecentomila litri d’acqua a fronte dei duemila che bastano, ad esempio, per la stessa quantità di soia dal valore nutritivo comparabile.
Se poi si pensa che allevare gli animali produce più emissioni di gas serra rispetto al settore dei trasporti e ben il 64% dell’ammoniaca totale, che concorre all’acidificazione degli ecosistemi e alle piogge acide, è chiaro come la zootecnia contribuisca anche a complicare gli sforzi per la conservazione della biodiversità. Secondo l’ultimo rapporto Fao il 10% delle specie protette rischiano l’estinzione per cause riconducibili direttamente gli allevamenti intensivi, perché il 26% delle terre libere dai ghiacchi è destinato all’allevamento e soggetto a deforestazione e erosione, mentre le deiezioni animali, prodotte in quantità che i terreni non sono in grado di smaltire, contaminano gravemente gli ecosistemi acquatici.
Cambiare le cose, però, stavolta, è alla portata di tutti. Negli ultimi paragrafi del rapporto Onu, nel capitolo sui consumi, gli scienziati indicano chiaramente la via da seguire, sottolineando quanto sia diretto il rapporto tra dieta e salvaguardia del pianeta e come scegliere i prodotti animali comporti un ben maggiore impatto rispetto ai prodotti vegetali. Poche volte come in questo caso la responsabilità di salvare il mondo passa in concreto dalle scelte quotidiane.

Leonora Pigliucci
in data:10/06/2010